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TROPICO

by Collettivo Ginsberg

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1.
Quando tutto dorme al riparo dai lampi Io grido ululando da albe trasparenti grida vibranti, a volte penso a te così forte da svegliare il vicinato. Oh splendido dolore bruciatura di medusa in mezzo al petto coi tuoi occhi d’oro opaco di velluto il pelo del tuo corpo Io grido ululando così forte ingannare la Sorte. A cosa pensi quando vivi? A volte penso a te così forte da svegliare il vicinato. Tutto scorre come un fiume ma sul lento andar di fiume che non trova pace, ora trema. Oh splendido dolore bruciatura di medusa in mezzo al petto coi tuoi occhi d’oro opaco di velluto è il pelo del tuo corpo con due monete sugl’occhi puoi ingannare Caronte.
2.
Metti che 03:37
Mètt ch’e’ vénga la féin de mònd, admèn, pasdmèn, e a muréemm tótt, mètt che la tèera la s’infràida, la s sfrangla, ch’ la s’ardéusa un purbiòun, ch’ la s péerda tl’aria, e la léuna l’istèss, u s smórta e’ sòul, al stèeli, e’ vén un schéur, u n gn’ è piò gnént, e at tótt che schéur e’ témp e’ témp andrà ancora avanti? Da per sé? E dove andra? andrà ancora avanti? Da per sé? E dove andra? e’ temp, e at tótt che schéu u n gn’ è piò gnént, e’ vén un schéur, al stèeli, u s smórta e’ sòul, e la léuna l’istèss, ch’ la s péerda tl’aria, Mètt ch’e’ vénga ----- Metti che venga la fine del mondo, domani, dopodomani, e moriamo tutti, metti che la terra S'infradici, si sbricioli, Che si riduca un polverone, che si perda nell'aria E la luna lo stesso, si spenga il sole, Le stelle, viene un buio, Non c'è più niente,è in tutto quel buio il tempo Andrà ancora avanti? Da solo? E dove andrà?
3.
Con gli occhi chiusi chiusi, stretti come vongole che si schiudono solo per piangere. Voglio dichiarare che sono un traditore della razza umana, oh mondo crollato, dove sono i forti denti bianchi? Oh mondo che affondi, oh bozza viscida, oh mondo glabro ridotto a poltiglia sotto quale morta luna giaci tu, freddo e lucente? Tutti gli eserciti del mio stivale ti prenderanno a calci nei denti finché avrò denti io ti morderò, finché avrò pugni ti percuoterò Dopo quanto il salto può considerarsi volo? Due passi, quattro mari, ventimila leghe? Dopo quanto il salto può considerarsi volo? Due passi, quattro mari, ventimila leghe? E voglio un mondo in cui la vagina sia rappresentata da una semplice ed onesta fessura. Un mondo col debole per le ossa e il suo contorno, per i colori crudi e fondamentali, paura e rispetto per le origini animali. Questa è una mattina bella e adatta per la rivoluzione se solo ci fossero mitragliatrici invece di petardi. Questa mattina sarebbe stata una splendida mattina se ieri mattina non fosse stato un fiasco completo.
4.
In un quieto alito di pioggia fui sorpreso, un tal salto nel buio mai avevo aperto la porta che mena al fondo dell'anima. Passeggiavo attorno ad una foresta di pietra con al centro il caos un tetro gelo di incomprensione spazzato via dal vento del riso. Oltre qui più nulla se non la luna immensa e tu hai visto tutto ciò che ero e tutto ciò che desideravo essere. Volevo restar solo mille anni riflettere su quel che ho visto e sentito vorrei solo poter dimenticare che nulla è giusto e nulla è sbagliato. Giacciono due corpi fianco a fianco nella nebbia, e non un verbo chiunque per troppo amore muore della propria infelicità. Nella facilità dell'amore il miserabile si sente uomo ora tutto mi è chiaro che in questa logica non vi è redenzione. Oltre qui più nulla se non la luna immensa e tu hai visto tutto ciò che ero e tutto ciò che desideravo essere.
5.
Portami con te, oltre le miniere portami con te, senza più paure. In certe albe color sottoveste in certi lontani tramonti al sugo. Portami con te, oltre i campi santi portami da me, portami ti prego. Portami dovunque t'indichi la ragione poi lasciami ad un bivio senza compassione. Portami con te ancora per un po' portami con te, non ti deluderò. Portami con te se pensi d'aver tempo portami da me, mostrami l'errore.
6.
Vedo i miei pesci morire sopra gli scogli delle tue ciglia, Lingua di luna. Tenerissima voce sospesa all'eco del tuono ancora una volta, ancora una volta in questo mondo assente. La nostra sapienza tollera tutte le guerre tollera la peste mansueta delle discipline. Afferra questo mercurio, questa fredda gengiva questo miele, questa sfera di arido vetro io che sono un cane addormentato ai tuoi piedi ero un serpente attorcigliato come il serpente ai piedi di Vergine Maria.
7.
Quand che cala la nòta sora a e’ mond e da cant a n’ m’ veggh pió una faza amiga a e’ mi arciàm u n’ gn’ è intsùn ch’ l’arspond, a vegh a vegh a vegh a mosca ziga, A tastùn dri e luntan in dó che e’ chês u m’ pôrta e ch’a n’ sò miga in do ch’a pons al man ad bona o ad mêla sôrta; A n’ cat la strê pió invell e la man la s’incontra d’ dentr’ un mazz ad cavell, ch’u m’ pê ‘d sintim da cant a la mi môrta. A tastùn dri e luntan in dó che e’ chês u m’ pôrta e ch’a n’ sò miga in do ch’a pons al man ad bona o ad mêla sôrta; ---- Quando sul mondo scende la notte e accanto a me non vedo più facce amiche, e al mio richiamo non risponde nessuno …, procedo a mosca cieca, a tentoni, vicino e lontano dove il caso mi porta. Non so dove si posino le mani, se sulla buona o sulla cattiva sorte. Non trovo più la strada: la mano incontra un ciuffo di capelli e a me pare di sentirmi accanto alla mia morte.
8.
Solcate i campi elisi, con tutto il vostro oro Con sanpietrini eterni, con tutto il vostro oro. Ridateci il nosto lavoro, il lavoro che rende liberi infinito si svolge l’inverno, la luna non cura gli anarchici. Aggrappiamoci con lo spirito, che il corpo ha già ceduto che il sogno ha mani di ferro, chissà il domani a chi è dovuto. La vita l’éra dura e neca tresta, chisá parchè a m’arcord ch’us rideva. S’un monte assolato d’estate, con occhio che penetra osserva la vita dal volto feroce non ha più sfumature. Divorato dalla luce, come di gioia in eccesso nulla giunge nulla finisce, dunque è niente il vuoto promesso. La vita l’éra dura e neca tresta, chisá parchè a m’arcord ch’us rideva Par Sa’ Marten arvès la bóta e sent e’ ven Par Sa’ Marten arvès la bóta e sent e’ ven L'urlo che il vento portava in questa assenza di suoni un urlo così improvviso capace di fendere i muri. Qualcuno dice alla patria, altri con lode al creatore la colpa è una pietra angolare, la paura il suo campanile. La vita l’éra dura e neca tresta, chisá parchè a m’arcord ch’us rideva. Par Sa’ Marten arvès la bóta e sent e’ ven Par Sa’ Marten arvès la bóta e sent e’ ven Par Sa’ Marten arvès la bóta e sent e’ ven
9.
Fossero state ore non t'avrei aspettato ma è stato un secolo e di piogge e dalle logge vedevo solo nebbia e nel dubbio son restato. Finché un gran correre nel cielo di greggi bianche e piumate scure lune so solo che la mano stessa nell'acqua trasparente a mosca cieca la mano va. Vetrine, macchine, è tutto così lucido, la gente in giro appena può si specchia nel fango secco oppure lassù, nel cavo dell'alta tensione, uno riflessi non ne ha più. Fossero state ore non t'avrei aspettato ma è stato un secolo e di piogge e dalle logge vedevo solo nebbia e nel dubbio son restato.
10.
Verrà la morte con denti d’opale fra fiori di menta e torrenti di sale fate del tempo un buon servitore fra prue di lenzuola marinai di sudore. Cosa chiedete al sangue rappreso sul ferro spuntato dal taglio malfermo di turchi e pagani ho letto le stelle del cavo cielo in terra credente. Son stata la polvere sul tuo mantello rubino che brilla a feticcio sull’elsa vento d’oriente che batte all’orecchio di fiore a sangue a ornarti il cappello. Il solo ricordo di tutta una vita son gli occhi dell'oste nella bottiglia e con il sangue di Cristo nel palmo crocifiggo il passato nel giorno del salmo. Bottiglia di carne, uomo di vetro tendo le mani e ti volgi a retro nel feretro vitreo di occhi annacquati ho visto le fiamme di giorni passati. Madonna del dolore aspetto il bacio d'argento che sulla bocca sento a ciocche d'anni il cuore Chi dei due è morte e chi canta la vita chi senza colore e chi rosaspina chi un bucaneve vanta all'occhiello con passo di danza dietro al suo feretro. Non ramo di selva spezzato con dito battito d'ali nel ciel cinerino il collo nel cappio e il peso nel culo han taciuto la falce obbligando al digiuno. Madonna del dolore aspetto il bacio d'argento che sulla bocca sento a ciocche d'anni il cuore Verrà la morte in corona di spine quando il respiro cadrà sulla fine prendete per mano la sposa d’avorio unico amore concesso ad un uomo.

about

Presentazione a cura di Luigi Bertaccini

Il rock’ n’ roll non esiste.
Fisicamente esistono i solchi dove la musica è incisa, allora immagino questi solchi che saranno non solo profondi, ma anche irregolari perché morsicati dalla furia artistica della band. Penso al mercurio che misura la febbre e penso così al sesso, come linguaggio, oppure come lingua. La lingua che è fisica.
È tutto questo ed altro ancora che racconta: un disco che testimonia la poetica della vita passando per questo tropico che confonde le traiettorie. Il Collettivo Ginsberg ragiona per esperienze e umori fisici, il senso di Tropico è quello di attraversare la musica passando dal buio verso la luce. Spesso la musica aiuta a fare questo, è propedeutica per il musicista e anche per l’ascoltatore. Così questi solchi sono un viaggio verso la luce, che cerca di unire i suoni che sanno essere migranti, con il risiedere - corpo ed anima - dentro la canzone.
Così, se sentiamo l’ululare delle paludi di New Orleans ascoltando 'Con due monete', sappiamo che è la stessa umidità romagnola che pervade 'Metti che'. 'Primavera mambo' è un'opera di sottrazione gioiosa che potrebbe esplodere da un momento all’altro ma, come i migliori passi di ballo insegnano, la tensione si sostiene con le regole delle mosse giuste. Un suono così caldo che arriva ad accarezzare la forma di canzone d’amore ('Portami con te') e 'La strada dei mulini a vento' conduce all’introspezione, al guardarsi dentro. Provate invece a guardare nel mantice infuocato di 'Lingua di luna'! Brucia! Come le Sante Religioni è pervasa di fuoco sacro, quanto della sacralità della lingua che il Collettivo celebra non sfuggendo al proprio dialetto e (finalmente) costruendo una “nuova canzone romagnola” ('Nella notte del mondo', 'L'estate di San Martino').
Dove lasceremo il passato? Chi vorrà portare sulle spalle il peso dell’ovvietà? Non questi ragazzi. Loro sono un futuro turbinoso che ha fatto un patto amorevole con il passato. Così la pace di 'Visioni a colazione' è il preludio al baccanale barocco di 'Danza macabra', gettatevi dentro questi gironi è scopritene il significato. La musica non è una passeggiata, o per lo meno non tutta. Piuttosto è una camminata verso luoghi ignoti. Ancora una volta ritorniamo al buio e alla luce, alla carne e allo spirito. Questo disco è turbolento, se cercate sicurezza o tranquillità, il consiglio è: statene alla larga. Qui troverete colori primari, umori, dolori, dubbi, rabbia ed entusiasmo.
In questi solchi il rock’ n’roll è vivo.

credits

released September 30, 2016

Produzione artistica Collettivo Ginsberg e Marco Bertoni. Registrato a L’Amor Mio Non Muore - Sala d’Incisione (Forlì) da Roberto Villa e Marco Bertoni. Missato e masterizzato da Marco Bertoni presso Ghee Studio (Bologna).

Collettivo Ginsberg:
Cristian Fanti: voce, chitarra, clarinetto, percussioni
Alberto Bazzoli: fender rhodes, harpsichord, farfisa matador, pianoforte, logan string melody
Gabriele Laghi: contrabbasso elettrico, cori
Riccardo Morandini: chit. elettrica, chit. baritona
Eugenioprimo Saragoni: batteria, percussioni, cori

hanno suonato inoltre:
Gianluca Chiarucci: percussioni
Marcello Detti: trombone
Marco Frattini: percussioni
Gaia Mattiuzzi: cori
Giovanni Pistocchi: vibrafono
Andrea Rocchi: chit. dobro
Roberto Villa: sax tenore

Testi scritti da Cristian Fanti tranne: #2 Raffaello Baldini, #7 Aldo Spallicci, #10 Andrea Mandolesi | Musica composta e arrangiata da Bazzoli, Fanti, Laghi, Morandini, Saragoni.

Immagine di copertina: Domenico Demattia, SAFARI, olio su tela, 2015, collezione privata.

Pubblicato da L'Amor Mio Non Muore - Dischi e Irma Records
Copyright Bazzoli, Fanti, Laghi, Morandini, Saragoni.
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L'Amor Mio Non Muore - Dischi Forli, Italy

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