I musicisti cosiddetti “creativi” hanno abbandonato il liscio da decenni. Di conseguenza, quando una manipolo di rockettari scalmanati e malintenzionati quanto basta decide di rimetterci mano, beh, non ci si può aspettare che il sacrale rispetto per la materia non s'accompagni a un po' di fragoroso e benvenutissimo trauma.
La Mr.Zombie Orchestra nasce dalla dissezione di una costola dal corpo folgorato del Collettivo Ginsberg, per rimettersi all'usanza – piuttosto radicata, in Romagna – di rovistare tra le “musiche sepolte”. Una cosa che gli “Eroi del liscio” hanno sempre fatto: Secondo Casadei si fece le ossa, e stupì più volte le gente, eseguendo la Mazurka variata di Migliavacca, roba di oltre mezzo secolo prima, per non parlare di Ivano Nicolucci, che nel pieno dei plasticosi e goderecci anni '80 chiudeva i concerti con una viscerale cavalcata sul tema della Csárdás di Vitorrio Monti, roba del 1908, scritta da un autore napoletano e ispirata al folk ungherese. Un riassunto perfetto di cosa sia, di cosa fosse e di cosa sempre sarà la “musica da ballo romagnola”, quella che cosa che i profani chiamano “liscio”.
Una musica che serve appunto per ballare, e possibilmente accoppiarsi, il cui primo obiettivo è quello di tarantolare il cervello, sfiancare le gambe e far ribollire il sangue. Una musica che non si bea nella retorica celebrazione del proprio passato ma vive di esotismi di campagna e mondanità impossibile; smania, insomma, per placare quel bisogno d'immaginazione che infuoca i desideri. Nella sua essenza è una musica ruvida, libertina e selvaggia. E quindi, il liscio va suonato con della “patacca”, come si dice in Romagna, a petto in fuori, con l'orgoglio e la malinconia dell'anima popolare ma anche la fiera baldanza dei balli più ruffiani e indiavolati.
La Mr.Zombie Orchestra muove così dalla leggiadria piazzolesca di Valzer Max, che mica siamo dei selvaggi, al ruggente Mambo n. 5 di Perez Prado, belluino e incendiario, forse persino un po' giostraio. Il Sudamerica, in fondo, non è altro che una geografia mentale, dunque è vicinissimo, come del resto il Piccolo tango, che parte scorbutico per poi stemperarsi in bagliori da lounge-rock chicano, e a due passi c'è il Circo Barnum de La Bisbetica, che frulla in girotondi da mal di testa. La malinconia epica e dolente dell'Usignolo di Ferrer Rossi dà il cambio alla prepotenza ormonale del Valzer Noster che apre le danze, e con loro le ostilità, mentre il Lento Max rivela quanto Lupin III - più ancora che Borghesi e Castellina - alberghi nel cuore del liscio del 2017. Un paio di composizioni sarebbero anche originali ma, com'è giusto che sia, hanno il “dovere” di amalgamarsi al resto del repertorio e lo assolvono egregiamente.
E poi, in ultimo, arriva la morale, che siam pur sempre buona gente di campagna, e quindi la casetta, la famiglia e la nostalgia del focolare sono un manifesto ideologico per gente molto pratica. E noi romagnoli sappiamo bene che per convincere i ragazzi a star lontani dalla droga ci vogliono dissonanze, stonature, loop, brutali cambi di tempo, persino una folata di psichedelia, Ci vogliono degli argomenti, insomma!
credits
released July 15, 2017
Prodotto da L'Amor Mio Non Muore - Dischi | Registrato da Roberto Villa su Studer A80 8 tracks presso L'Amor Mio Non Muore - Sala d'Incisione (Forlì) | Mixato da Roberto Villa e Alberto Bazzoli | Mastering analogico su Telefunken M15 1/4" 2 tracks | Foto in copertina di Virginie Foubert | Progetto grafico di Luca Morandini | Concept Alberto Bazzoli
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